venerdì 5 febbraio 2010

Le cronache del Corriere Apuano: 2010


Dal Corriere Apuano del 6 febbraio 2010

Di fronte ad una folla forse mai così numerosa
Il falò di San Geminiano si ripropone in tutta la sua magnificenza


Tutto è compiuto! Mentre la folla fatica a staccarsi dalle spalline del ponte, vogliosa di godere degli ultimi effetti del calore che ha attenuato i morsi di un gelo violento, si consumano i rimasugli dei battibecchi tra le parti alla ricerca dei soliti appigli che confermino il desiderio di primato.
Non c’è più il riverbero esplosivo della fiamma salita al cielo imperiosa per aggredire gli spazi con forza inusitata, non più il gioco perverso delle faluggini che si spargono nell’aria incontenibili, rese più vezzose dall’improvviso turbinio di piccoli tornado; non c’è più il calore cocente che ti induce a ripararti il viso quasi a contenere il momentaneo piacere.
Le immagini, ogni volta nuove, sono scese nel cuore e si sono fissate nella mente, patrimonio incancellabile di una vicenda infinita che senti tua come è tua la tua terra.
Ma, dentro c’è tutto, con tutti i suoi particolari. Il rito quasi tribale dell’accensione, l’esplosione di luce improvvisa ed avvolgente, il rammarico di un refolo fastidioso che opprime la fiamma impedendole di elevarsi liberamente fino alle stelle, la marea festante di gente accalcata in ogni dove, il solito groviglio di ombre che rende insinuante la bellezza quasi subdola di una Pontremoli orgogliosa delle sue tradizioni.
Resti lì a chiederti se tutto questo abbia un senso, non per quello che propone, ma per quello che costa in termini di fatica. In effetti, quei venti minuti di spettacolo, sono il prodotto ultimo di un impegno incredibile che solo la massa dei fuochisti festanti rende percepibile.
Sul greto del fiume, accovacciati su un sasso, una giovane coppia di “foresti” contempla quasi in trance il traliccio annerito e l’accumulo di braci ancora fiammeggianti. “E’ stato uno spettacolo incredibile”, commenta la ragazza ed il riverbero ancora vivace illumina i suoi capelli ramati e fa guizzare uno sguardo entusiasta.
Allora, capisci che il tutto ha un senso, che gli sforzi compiuti vanno ben oltre l’effetto preteso, che sono assurde le polemiche astiose, che ha un suo significato il copione ripetuto all’infinito dei cori di parte, volutamente provocatori, ma voce inerme di un sentimento comune che vuole solo fare percepire quanto sia concreto il nostro senso di appartenenza, che gli altri forse ci invidiano perché espresso in un modo così coinvolgente.
E, “gli altri”, una volta di più, erano davvero tanti, come lo sono stati per il falò di Sant’Antonio, a dire che questa nostra festa ormai non è più solo nostra, ma deve continuare per fare capire chi siamo, cosa siamo capaci di fare, sui due fronti, per dare un’altra immagine di questa nostra realtà che non può e non deve prescindere dalle proprie tradizioni, semmai da esse ricavare quegli impulsi per dare nuova sostanza ad un futuro che troppo spesso ci sfugge.
I due giovani sono rimasti seduti a lungo, nonostante il gelo, che stava recuperando un primato appena messo in discussione, a darci una lezione di saggezza, perché una cosa bella va sempre goduta fino in fondo, fino a che abbia consumato la propria capacità di coinvolgimento, tutto il suo vero valore.
Gratifica, inavvertita, ma totale, per qualcosa di donato e goduto fino in fondo, segnale spontaneo a dirci che vale la pena di continuare, costi quel che costi, alla faccia delle polemiche, perché anche questo è uno dei tanti volti di Pontremoli a cui forse, inconsciamente, ci stiamo abituando, e per questo è oggetto di tante disquisizioni assurde, ma che merita, invece, di trovare ben altro spazio nella nostra sonnolenta indifferenza. (Luciano Bertocchi)


***

Ringraziamo Luciano Bertocchi per le emozioni che ha saputo trasmettere anche quest'anno a quanti non hanno potuto assistere allo spettacolo del falò.

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