martedì 8 settembre 2009

Le cronache del Corriere Apuano: 2009

La festa di San Geminiano conclusa con uno spettacolo eccezionale
Un falò incredibile per il quale non bastano le parole


E’ il destino perverso del cronista quello di doversi confrontare con eventi che il tempo inesorabilmente ripropone ed arrovellarsi nel dubbio di potersi ripetere o non rendere al meglio quanto goduto. Quest’anno, però, il problema non si è posto perché quanto successo sul greto del Verde la notte di San Geminiano è stato qualcosa di eccezionale, di inatteso, di imprevedibile, un qualcosa per il quale sarebbe fin troppo facile trovare le parole giuste, semmai diventa impellente inventarne di nuove che siano in grado di esprimere appieno l’idea della perfezione.
Eppure non tutto era andato per il verso giusto: una piena improvvisa del Verde che rischiava di portare al mare le attrezzature dei fuochisti; un tempo balzano che faceva cadere una pioggerella fastidiosa ed imbarazzante, aprendo al dubbio di qualcosa di peggio; la sensazione insomma di una sorte contraria incombente.
Alla fine, invece, tutto secondo le attese e la pira, ormai al limite del tollerabile, è cresciuta elevandosi imperiosa quasi a contendere il primato di altri simboli.
Lo spettacolo vero, però, al momento della consumazione. Un mare di folla, favorito forse dalla giornata prefestiva, e rafforzato, finalmente, da tanti foresti attirati dalle promesse dell’evento, ha assistito al rito, scandito nei suoi tempi ineludibili: il corteo delle fiaccole, volutamente geometrico e provocatorio; l’accensione ad unico cuore e la fiamma, sì, l’unica fiamma che è salita al cielo perentoria e compatta, insinuandosi voluttuosa tra i rami degli ulzi, divenuti finalmente oggetto di piacere e non più di fatica.
Difficile dire cosa sia cresciuto dentro in quei momenti perché la lingua di fuoco, apparentemente inesauribile, sembrava cercare nel cielo, sempre nuovi spazi, attirandoti nel vortice delle faluggini, luce nella luce, calore nel calore, a dettare un’immagine di Pontremoli comunque nuova, aggredita com’era da vampate dirompenti atte a cambiare forma alle ombre per dettare profondità inattese.
La percezione più immediata è stata di avere assistito a qualcosa di perfetto, di irripetibile, anche se sai che non dovrà essere vero, perché, almeno in questo, non si può porre limite alla perfezione, per dare un senso al futuro, per esaltare la voglia di continuare, per dare ancora valore ad un impegno spontaneo che ti esalta nella tua identità, in quel senso di appartenenza che si consuma nei tanti volti arrossati e festanti che restano parte integrante di questa incredibile tradizione.
Se un parola avanza, in una ridda di sensazioni esaltanti che hanno tracimato in una commozione spontanea, è grazie, un grazie istintivo alle due pattuglie indefesse che, una volta di più, hanno fatto quanto possibile per superarsi e riuscendo, nella logica della competizione, ad inventare una nuova e più concreta esaltazione di un rito che, per quanto non solo nostro, resta l’immagine della Pontremoli più vera e concreta, quella che vuole continuare a credere in se stessa.

Luciano Bertocchi

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